Hans Memling

Angeli musicanti

Hans Memling

Balie, infanti e militari

Napoli, Villa Comunale, c. 1905 (foto A. Krieg)

Balie, infanti e militari

Scherzi 'fin de siècle' durante una gita fuori porta

c. 1895

Scherzi 'fin de siècle' durante una gita fuori porta

Mastrotitta

La storia vista dai 'pelati'

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Un 'mistero' nell'atto di morte dell'abate Francesco Longano a Santopadre

Tra i riformatori che animarono la vita politica e intellettuale del Regno di Napoli nell’utimo quarantennio del XVIII secolo, un posto non secondario è senza dubbio occupato dalla singolare figura dell’abate molisano Francesco Longano. Il suo nome, che pure merita di essere degnamente accostato a quelli di un Genovesi o di un Galanti, è stato tuttavia a lungo dimenticato: soltanto dalla seconda metà del secolo scorso la sua opera ha conosciuto una certa rivalutazione, anche grazie alla ristampa delle sue fondamentali inchieste, sempre rigorosamente condotte ‘sul campo’, intorno alle condizioni socio-economiche di alcune province meridionali 1.

 

 Il Longano era nato a Ripalimosani, non lontano da Campobasso, il 5 febbraio 1728 in una famiglia di lavoranti di canapa per le funi (l’attività a quel tempo più diffusa nel paese) e piccoli agricoltori. Ultimo di quattro figli, egli aveva subito mostrato - nonostante non godesse di perfetta salute – un indole vivace ed un carattere ribelle: questo suo temperamento lo porterà, dalla prima età scolare fino ad oltre i vent’anni, a cambiare molto spesso insegnanti 2 ed a trasferirsi per studio in diversi luoghi del Contado di Molise e infine, dopo alcuni ritorni più o meno lunghi nel paese natìo, a Campobasso.

Ordinato sacerdote nel giugno 1751 3, nonostante il parere negativo manifestato al vescovo di Bojano dall’arciprete di Ripalimosani, il Longano decise, due anni più tardi, di trasferirsi nella capitale del Regno sia per ampliare i propri orizzonti culturali, sia per fuggire dall’ambiente provinciale sempre più gretto ed opprimente. A Napoli visse stentatamente per un certo tempo, mantenendosi con i modestissimi proventi che gli venivano dalle messe e dalle poche lezioni private che gli erano state affidate. Cominciò a frequentare l’Università e qui avvenne l’incontro con Antonio Genovesi (del quale seguiva il corso di etica), che avrebbe segnato il suo futuro intellettuale: “la magica e maschia eloquenza di quel grand’uomo, lo spirito filosofico e le frequenti lepidezze colle quali condiva le sue lezioni, rapirono mirabilmente il Longano.4 Quando, in seguito, il maestro occupò la cattedra di economia - la prima ad essere istituita in Italia – volle con se’ l’allievo come sostituto: tale collaborazione, tanto intensa e proficua per il giovane sacerdote, doveva cessare soltanto con la morte del Genovesi, avvenuta nel 1769. Il Longano, intanto, pur tra numerosissime difficoltà (sorte, in particolare, con la pubblicazione di alcuni suoi saggi filosofici, visti con sospetto dalle gerarchie ecclesiastiche), frequentava quegli ambienti nei quali dovevano sembrargli più vivaci le discussioni sulle riforme da attuare nel Regno: tra il 1768 ed il 1770 era stato anche attivo in due logge massoniche napoletane, la “Parfaite Union” e “L’Harmonie.”  5

Desideroso di conoscere più da vicino e di analizzare le cause dell’arretratezza del Mezzogiorno, colse l’occasione, nel 1786, di un beneficio che gli era stato concesso in diocesi di Muro Lucano 6, per acquistare un cavallo e mettersi subito in viaggio – lui, ormai quasi sessantenne - per le diverse province del Regno. Cominciò a visitare la sua regione d’origine, documentandosi minutamente sia sulle condizioni climatiche ed ambientali sia sulla situazione economica e sociale di ciascuna località di quella terra. I risultati dell’inchiesta furono stampati a Napoli nel 1788, con il titolo di “Viaggio per lo Contado di Molise nell’ottobre 1786, ovvero descrizione fisica, economica e politica del medesimo”: in esso egli non mancava di suggerire - naturalmente inascoltato - le soluzioni che più gli parevano adatte per correggere le tante disfunzioni amministrative e di fornire utili indicazioni sulle moderne tecniche che avrebbero consentito di incrementare e di migliorare la produzione agricola.

Ottenuto un nuovo beneficio – la badìa di S. Pietro a Campea nel territorio di Roccasecca, in diocesi di Aquino 7 -, che gli rendeva poco più di cento ducati l’anno, il Longano ebbe la possibilità di estendere le sue ricerche prima alla “Puglia piana”, pubblicandone i risultati nel “Viaggio per la Capitanata” (Napoli, 1790) e poi alla Terra di Bari. Instancabile, rivolse quindi la sua attenzione alla Terra di Lavoro per svolgervi un’altra delle sue indagini socio-economiche: non riuscì però a portarla a compimento perchè la morte lo colse, improvvisamente, il 28 aprile 1796 a Santopadre, poco distante dalla sede del suo ultimo beneficio, all’età di sessantotto anni. 8

Due decenni or sono, mentre percorrevo il Frusinate alla ricerca di documentazione per un saggio bibliografico sulle tradizioni popolari, ebbi occasione di recarmi anche a Santopadre: qui, ricordandomi che quasi due secoli prima vi era deceduto il Longano, chiesi di poter consultare i registri della locale parrocchia di S. Folco, soprattutto per provare l’emozione di avere sotto gli occhi un documento – in quel caso l’atto di morte – che mi doveva riportare ad un personaggio che, più di ogni altro riformatore meridionale suo contemporaneo, aveva sempre acceso la mia curiosità.

Quando giunsi alla data cercata 9, dovetti constatare che l’atto di morte del Longano risultava, stranamente, redatto due volte! Nel primo, non cancellato ma soltanto ‘annullato’ con diciannove tratti di penna trasversali e quindi ancora perfettamente leggibile, era scritto: 10

 

 Die 28. Aprilis 1796

R[everen]dus Sacerdos D. Franciscus filius q[uonda]m Gervasii 11Longano Terrae Ripae LimosaniDioecesis Bojani prope Campobasso aetatissuae annorum 66. circiter hesterna die in hoc Oppidum appulsus transeundo domi mag[nifi]ci D[octo]ris D. Liberatoris Margarita 12 exceptus ibique commorans de repente, dolore viscerum correptus, animam Deo reddidit, ejusque corpussepultum est in Ecc[lesi]a Parochiali Sancti Fulci hujus Terrae, Sacramento Poenitentiae per me infrascriptum, nec non per me ipsum Sancti Olei unctione roboratus fuit.

Paschalis Archip[resbyt]er Sciucca 13