Hans Memling

Angeli musicanti

Hans Memling

Balie, infanti e militari

Napoli, Villa Comunale, c. 1905 (foto A. Krieg)

Balie, infanti e militari

Scherzi 'fin de siècle' durante una gita fuori porta

c. 1895

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Mastrotitta

La storia vista dai 'pelati'

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Giuseppe Nuvolari fu Gaspero. Uno dei Mille

Giuseppe-NuvolariDa un’agiata famiglia di grandi proprietari terrieri di Barbassolo, piccolo borgo nei pressi di Roncoferraro, nel Mantovano, il 27 febbraio 1820 (ma il giorno è controverso), da Gaspare e Francesca Mantovani, nasce Giuseppe Antonio Maria Nuvolari. Le origini familiari sono antiche e dai registri parrocchiali risulta che i Nuvolari fossero residenti nel borgo sul Mincio già dal Seicento e che avessero aumentato negli anni la loro ricchezza con acquisti di terre molto fertili, risaie e fittanze di fondi da coltivare.

Nato in una famiglia molto coesa, di stampo contadino e cresciuto in un’area geografica di rilevante valore agricolo e proto industriale, Giuseppe Nuvolari forma il suo carattere nella cultura dell’austerità, dell’autodeterminazione, dell’impegno e dell’amministrazione efficiente: principali capisaldi della mentalità produttiva degli imprenditori in Lombardia e in tutte le regioni del Nord Italia.

In quegli anni di inizio Ottocento, l’aristocrazia lombarda, anche se non aveva perso le terre, aveva altresì perduto gran parte degli atavici privilegi giuridici del censo, mentre l’alta borghesia agraria, diventata latifondista, stava crescendo in parallelo, sia per forza economica che per rinnovata identità sociale. Tra le due classi sociali comincia a profilarsi un vero conflitto di interessi.

 

La nuova élite ha raggiunto uno stile di vita in consonanza con il proprio florido benessere finanziario, e pertanto la famiglia Nuvolari gode di quell’allure socioculturale che una volta apparteneva solo ai nobili. Come scrive Stefano Jacini nel suo libro sulla proprietà fondiaria in Lombardia “se il lusso era sconosciuto” almeno si doveva “nuotare in una certa abbondanza”. 1

Come tutti i giovani rampolli dei ricchi possidenti in Lombardia, anche i Nuvolari frequentano, se pure con diverso successo, le migliori scuole del Regno e svolgono le più qualificate professioni del tempo (medici, avvocati, ingegneri, ufficiali, notai), consapevoli di rappresentare le nuove, emergenti, classi dirigenziali del Paese. Ma l’Italia di questi anni difficili del nostro Risorgimento è una nazione divisa, occupata militarmente dall’Austria. Il Maresciallo Radetzky, dal 1831, è governatore della Lombardia.

Parte del ceto intellettuale e borghese è per l’indipendenza e i Nuvolari sono tra questi esponenti politici, difensori della libertà nazionale.

Ma le repressioni nel Lombardo-Veneto dei primi moti rivoluzionari del 1848 e 1849, con la schiacciante sconfitta dei patrioti italiani nella Prima guerra di Indipendenza, offre agli Austriaci una rinnovata forza di attacco e di difesa nelle aree occupate.

Proprio a Mantova, nel castello di San Giorgio, viene allestita una delle carceri di massima sicurezza più dure dell’Italia del Nord. Il cancelliere dell’Impero, Felice Schwartanberg, consiglia alla polizia di effettuare “salutari impiccagioni”: solo in quei terribili mesi di rappresaglie vengono comminate ben 961 condanne a morte.

Giuseppe Nuvolari, nonno di Tazio Giorgio Nuvolari, il pilota leggendario del Novecento, il 28 febbraio 1848 è arrestato per motivi politici, insieme ai cugini Gaetano, Bartolomeo e Giovanni.

In carcere restano pochi mesi, ma successivamente, Giovanni e suo cugino Giuseppe, di quindici anni più giovane, sono condannati a morte perché sono state trovate le prove della loro cospirazione.

Al primo, la pena viene commutata in 12 anni di reclusione, mentre il secondo riesce a fuggire e in clandestinità si adopera come può per raccogliere fondi a favore dei comitati mazziniani.

Ha 28 anni Giuseppe Nuvolari, Giuspin, come lo chiamano parenti, amici e compatrioti, quando assaggia il carcere austriaco, e cerca la fuga, per non essere impiccato come cospiratore contro l’Impero.

Cinque anni dopo, il 19 marzo del 1853, il barone Carlo Culoz, comandante della fortezza di Mantova, lo condanna a morte in contumacia, con l’accusa di alto tradimento per essersi affiliato alla Società mazziniana della città. Il 3 marzo 1853, a Belfiore, sono impiccati tanti patrioti suoi amici.

Dopo un esilio di quasi quattro anni, il 10 gennaio 1857, Nuvolari viene graziato dal governo austriaco e l’anno successivo ritorna nella sua terra a Carzedole. E’ lo stesso anno della sfortunata spedizione a Sapri di Carlo Pisacane.

Ma Giuspin è uomo di azione e di grandi abilità fisiche, non ha solo ambizioni personali limitate alla conduzione delle cospicue proprietà di famiglia (quasi 680 biolche), la cui gestione affiderà, infatti, a suo fratello Antonio.

Il suo impegno politico, il 28 aprile 1859, lo spinge a ripartire per nuove avventure militari.

Si arruola volontario nel corpo dei Cacciatori delle Alpi, nello squadrone delle Guide a cavallo, e, insieme ad altri 5000 uomini, combatte a Varese contro gli austriaci.

Qui la situazione è critica perché ai volontari garibaldini non difetta certo l’ardimento personale, ma manca concretamente il vantaggio dell’artiglieria per sferrare l’attacco definitivo alle equipaggiate truppe del tenente maresciallo Urban.

 

La vittoria dei Cacciatori delle Alpi a Varese e a Magenta, nonostante le numerose azioni di coraggio dei soldati, è infatti merito dell’intervento strategico di Garibaldi, che, scacciati gli Austriaci da Lecco, Bergamo e Brescia, è pronto ad invadere anche il Veneto.

Ma l’impresa, dopo le vittorie strepitose di Solferino e San Martino, viene improvvisamente bloccata dall’armistizio di Villafranca, firmato tra l’esercito alleato francese e quello austriaco.

Garibaldi, amareggiato ma convinto nelle sue idee, non si arrende e si mette alla testa delle truppe della lega militare dell’Emilia e della Toscana, pronto ad invadere lo Stato pontificio nelle Marche e a liberare Ancona.

Ricostituitosi a Bologna il corpo dei Cacciatori delle Alpi, Giuseppe Nuvolari si arruola nuovamente con il grado di sergente agli ordini di Nino Bixio. Anche l’impresa di liberare le Marche è bloccata da un perentorio ordine di Cavour che obbliga “a sloggiare, entro 24 ore”, come scrive lo stesso Nuvolari nel suo infuocato pamphlet, pubblicato a Genova venti anni dopo, nel 1879, che gli creerà un mondo di nemici e determinerà la definitiva rottura della lunga amicizia con lo stesso Giuseppe Garibaldi.

Scrive di sé Nuvolari: guida semplice, caporale, sergente - il cavallo e le armi erano di mia proprietà, ero libero; ma mi sentivo ancora soldato e senza intendermi di politica, così all’ingrosso capivo che tutto non doveva essere finito a Villafranca e che perciò i volontari dovevano tornare in scena.