Un “nuovo male", non troppo nuovo
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- Categoria: Note
- Pubblicato Martedì, 15 Ottobre 2013 16:47
- Scritto da Guglielmo Lützenkirchen
Sulle prime potrà apparire come un confronto per scoprire le eventuali discordanze tra le trascrizioni di uno stesso testo: in realtà si tratta di una tanto palese quanto maldestra triplice operazione di copia/incolla/non citare, effettuata piuttosto di recente per 'confezionare' una tesi di laurea che avrebbe portato la sua (parziale) autrice a fregiarsi del titolo accademico, a presentare poi pubblicamente il suo lavoro (ingannando, si suppone, anche gli ignari relatori) e infine a diffonderlo con evidente orgoglio in rete [http://www.sandonatoripacandida.net/public/Nole_SanDonato.pdf], anziché abbandonarlo in pietoso ma prudente oblìo su qualche scaffale dell'Università degli Studi della Basilicata.
Stiamo parlando della tesi in Storia delle tradizioni popolari "Rituali terapeutici in area meridionale e nella cultura tradizionale lucana" – in particolare la conclusione della parte II, "Il male di San Donato" (pag. 133) –, discussa dalla candidata Maria Anna Nole' nell' a.a. 2005-2006 presso il già citato Ateneo. Il testo originale, spudoratamente quasi trascritto, si trova invece a pag. 52 di "Mal di luna. Folli, indemoniati, lupi mannari. Malattie nervose e mentali nella tradizione popolare", Roma, Newton Compton, 1981; redatto a suo tempo dall'autore della presente nota, recava anch'esso il titolo "Il male di san Donato":
"La condizione dell'epilettico si presenta, forse oggi più che mai, estremamente drammatica. Egli è lentamente abbandonato dalla chiesa che concede sempre minor spazio a quelle pratiche – estenuanti sì, ma pur cariche di rassicurazione – che un tempo invece sosteneva perché economicamente redditizie. Il suo san Donato sta cedendo il posto a culti generici, mentre le sue chiese 'povere' vanno trasformandosi in filiali di maestosi santuari, nei quali ogni atto di devozione tradizionale è formalmente interdetto. L'infermo, allora, comincia ad accedere alle strutture socio-sanitarie, dopo molte resistenze e non senza diffidenza. Lo scenario è mutato. Il santuario è ora l'ambulatorio. Le pareti imbiancate non ricordano quelle ammuffite e screpolate della chiesa; l'aria che si respira è satura di disinfettanti e di medicinali, non di incenso, di cera e di sudore; ad accogliere il malato non è il duro e rozzo piatto della bilancia ma un lettino in finta pelle. Di fronte a lui, non più una tonaca nera ma un camice immacolato. E' l'inizio di un nuovo pellegrinaggio... |
"La condizione dell'epilettico si presenta, forse oggi più che mai, estremamente drammatica. Egli è lentamente abbandonato dalla chiesa che concede sempre minor spazio a quelle pratiche, estenuanti sì, ma pur cariche di rassicurazione, che un tempo invece sosteneva perché economicamente redditizie. S. Donato sta cedendo il posto a culti generici, mentre le chiese 'povere' vanno trasformandosi in filiali di maestosi santuari, nei quali ogni atto di devozione tradizionale è formalmente interdetto. L'infermo, allora, comincia ad accedere alle strutture socio-sanitarie, dopo molte resistenze e non senza diffidenza. Lo scenario è mutato. Il santuario è ora l'ambulatorio. Le pareti imbiancate non ricordano quelle ammuffite e screpolate della chiesa; l'aria che si respira è satura di disinfettanti e di medicinali, non di incenso, di cera e di sudore; ad accogliere il malato non è il duro e rozzo piatto della bilancia ma un lettino in finta pelle. Di fronte a lui, non più una tonaca nera ma un camice immacolato. E' l'inizio di un nuovo male e di un nuovo pellegrinaggio... |
Il brano appena riportato, occorre dirlo, è soltanto uno dei tanti presi 'a prestito' per la tesi in questione: con un po' di pazienza se ne possono trovare decine e decine di altri copiati integralmente* dalla stessa fonte senza spostare una virgola, senza mai avvertire il bisogno – se non altro per salvare le apparenze – di ricorrere ad un provvidenziale dizionario dei sinonimi o semplicemente di "fare un riassunto di quello che si è letto", come ci veniva imposto nelle ultime classi delle elementari (e, se non ricordo male, forse anche oltre). La sola variazione che si è concessa l'ineffabile candidata è l'inserimento di quel "nuovo male"(?) nel finale del suo lavoro, che ci ricorda, purtroppo, come sia sempre in agguato il vecchio male del 'saccheggio' nella compilazione delle tesi di laurea.
*Nella stessa tesi sono presenti 'pezzi' tratti da altri contributi apparsi sempre in "Mal di luna" - come "Il lupo mannaro" di Gabriele Chiari e "Il velo della follìa" di Fabio Troncarelli -, anche questi, al solito, non segnalati come citazioni di scritti altrui.